Corrado Poli – LA MACROREGIONE TRIVENETA

Premessa
La macroregione che unisce Trentino, Alto Adige/Sud Tirolo, Friuli, Venezia Giulia e Veneto potrebbe chiamarsi Federazione Triveneta. L’accorpamento dei territori che oggi formano le tre regioni costituzionali è un’operazione opportuna e con molte possibilità di successo. Non è tuttavia un processo agevole e richiede riflessione.


I confini delle Regioni
I confini delle attuali Regioni non furono disegnati né sulla base di considerazioni storico-culturali né con criteri di efficienza. Essi ripetono grosso modo il disegno dei compartimenti statistici definiti nel 1863 quando il Regno d’Italia, appena costituito, aveva ancora scarsa conoscenza del territorio. Nella definizione si ripresero limiti di vecchi stati o province. Nel 1948 furono recepiti dalla Costituzione senza molte correzioni attribuendo loro per l’appunto il nome di “Regioni”. Non si affrontò un discorso né di efficienza dimensionale ed economica, né di corrispondenza a unità politiche e storico-culturali significative. Al proposito il geografo Lucio Gambi scrisse un famoso saggio sul tema. Questi territori, definiti per scopi non amministrativi, elessero i propri organi di governo per la prima volta nel 1970 per ottemperare al dettato costituzionale e alle direttive comunitarie. Oggi vale la pena affrontare la questione dei limiti territoriali aggiornandoli opportunamente.


Una riflessione storico culturale e geopolitica è utile per facilitare il processo di formazione della macro-regione del nordest che non può limitarsi al criterio dell’efficienza economica e delle economie di scala. Gli altri aspetti da prendere in considerazione sono essenzialmente i seguenti: (a) il contesto geopolitico europeo; (b) l’identificazione geografica e storico-culturale dei cittadini nei territori; (c) il governo della nuova regione e la rappresentanza politica.


La politica delle Regioni in Europa
Quanto al punto (a), l’accorpamento di più regioni si inserisce in un trend in corso anche in altri paesi, tra cui soprattutto la Francia la cui struttura amministrativa è simile a quella italiana. Diversamente succede nei paesi – Spagna e Germania su tutti – in cui i confini delle regioni corrispondono a unità storiche radicate e sono quindi più difficilmente modificabili. La tendenza alla creazione di unità subnazionali più vaste non è priva di conseguenze politiche interne e comunitarie. Oggi le Regioni, pur trattando direttamente con Bruxelles in alcune materie, esercitano prevalentemente poteri delegati dagli Stati nazionali. Ma l’Europa attraversa un momento di profondi cambiamenti che tendono a ridurre i poteri degli Stati e a delegare all’Unione numerose competenze. La battaglia per il trasferimento dei poteri dagli Stati all’Unione è in corso e l’esito appare incerto. Il conflitto potrebbe portare o alla dissoluzione dell’Unione o alla nascita di una più solida forma federale europea. Regioni più vaste e con forte identità politica e storico-culturale s’inseriscono autorevolmente nella trasformazione politica dell’Unione e del patto di convivenza tra i popoli europei. La Federazione Triveneta si porrebbe come interlocutrice diretta di Bruxelles e dei governi europei. Il tema non sarebbe nemmeno nuovo poiché riprende un discorso che era più vivace negli anni settanta e ottanta , ma fu in seguito interrotto. La partecipazione del Sud Tirolo a maggioranza di lingua tedesca e della minoranza slovena della Venezia Giulia renderebbe inoltre ancora più plausibile l’apertura diretta a un’Europa riformata nel senso di una graduale trasformazione da “Europa degli Stati” a “Europa delle Regioni”. La Federazione Triveneta nascerebbe come una regione italiana e allo stesso tempo multinazionale, aperta al mondo di lingua tedesca e slava. Questo gioverebbe a Sud tirolesi e sloveni tanto quanto a veneti e friulani.


La geografia delle regioni
Dal punto di vista geografico e storico-culturale, la macroregione del nordest ha le carte in regola per riconoscersi in un’unità regionale fortemente identitaria e persino in qualcosa di più. Se non in uno Stato nuovo nel contesto europeo, si riconoscerebbe certamente in un territorio autonomo rispetto alle restanti regioni e macro-regioni italiane e sarebbe in grado di relazionarsi direttamente con altre realtà. In effetti gran parte del Nordest italiano, da Trieste a Verona a Trento si riconosce nella lingua veneta e in essa comunica agevolmente pur con le differenze locali. La comunanza linguistica, la koinè (κοινὴ) della parlata veneta, sintetizza altre somiglianze culturali che consentono di includere nella storia e nella geografia – quindi nella cultura – anche i friulani. Sebbene essi tradizionalmente si esprimano nella riconosciuta lingua ladina anziché in dialetto veneto, come d’altronde altre comunità delle valli alpine soprattutto nelle province di Belluno, Bolzano e Trento, condividono tuttavia un comune substrato sociale che la modernità non ha ancora del tutto cancellato. Anche la struttura geografica del triveneto presenta caratteristiche simili sia che ci si riferisca al mondo rurale sia a quello urbano. L’assenza di una grande città dominante – Venezia ha da tempo abdicato a questo ruolo che aveva tenuto per secoli – è compensato dalle numerose città di medie dimensioni che formano una rete urbana fitta e ininterrotta da Merano a Monfalcone, da Legnago a Tolmezzo. Inoltre le città medie maggiori hanno una storia e un’identità in grado di presentarsi nel contesto europeo con personalità e peso economico. Il Triveneto ha una geografia urbana simile a quella delle metropoli policentriche del Randstad Holland e della Ruhr in cui la forte integrazione culturale e politica avviene attraverso la collaborazione tra più centri di dimensioni relativamente piccole.


Rappresentanza dei territori
Nella rappresentanza la dimensione conta. Le differenze e le identità locali consentono ai cittadini e alle classi dirigenti di rappresentare ed essere rappresentati. Per questo fin dall’inizio è opportuno garantire un sistema di autonomie anche interno alla macroregione. La soddisfazione di questa esigenza permetterebbe di conservare una parte delle prerogative delle regioni autonome estendendole al Veneto. Si supererebbe così la legittima reticenza alla fusione nella macroregione di chi ha goduto per quasi settant’anni della possibilità di autogovernarsi. E a chi da oltre trent’anni ha rivendicato, inascoltato, l’autonomia.

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