“La legge sulla fusione c’è e il progetto non intacca alcun vincolo internazionale” – note sull’intervista al Sottosegretario Bressa.

Padova, 16 marzo


Il Comitato ritiene doveroso offrire alcune brevi note a commento delle dichiarazioni del sottosegretario Bressa, comparse sulla stampa odierna, a proposito della proposta, svolta al convegno di Villa Pisani del 12 marzo scorso, nelle quali si paventano rischi di incostituzionalità della legge che disciplina la richiesta di fusione (legge 352/70) e si ritengono prevalenti i vincoli internazionali dell’Accordo De Gasperi-Gruber del 1946.

In premessa. 
Ci sarebbe piaciuto che un rappresentante del Governo, peraltro con compiti inerenti gli “Affari regionali” e proprio in quanto eletto al Parlamento in una provincia “speciale”, si fosse espresso sul significato della principale proposta sviluppata durante i lavori del convegno. Ovvero,
“Una sola regione delle Tre Venezie moltiplicherebbe o no le potenzialità di sviluppo per tutti, come hanno ben dimostrato le relazioni degli intervenuti al Convegno del 12 marzo, fra cui quella del costituzionalista Giuseppe De Vergottini? “ “Una dimensione nuovamente unitaria della Decima Regio sarebbe o no un attore molto più autorevole e attrattivo di investimenti strategici per tutti nei nuovi palcoscenici istituzionali, in Italia, in Europa e nella “mini-Europa” alpina (EUSALP)?”
I rappresentanti del Governo presenti al Convegno del 12 marzo 2016 di Villa Pisani, il viceministro Enrico Zanetti e il sottosegretario Barbara Degani, hanno, invece, fornito, proprio su queste cifre del dibattito, un prezioso contributo.

Sulla Legge 352/70.
Le dichiarazioni di Bressa paradossalmente confermano che la sintassi dell’art. 42, comma 1, della legge 352/70 è chiarissima: “tanti consigli comunali che rappresentino almeno un terzo della popolazione complessiva delle regioni di cui si tratta” hanno la possibilità, chiedendolo, di determinare un referendum popolare nelle stesse “regioni della cui fusione si tratta”.
Se, poi, i Comuni (o gli stessi cittadini) dovessero applicare le leggi italiane sulla base di una qualsiasi prognosi di costituzionalità, la Repubblica semplicemente cesserebbe immediatamente di funzionare.
Né un membro del Governo può dimenticare i principi esposti dall’art. 97 della Costituzione, che impongono all’esecutivo e alla pubblica amministrazione di applicare le leggi vigenti.
Comunque, la Consulta, che in nessun modo può essere interpellata in via preventiva, ad oggi non ha mai sollevato, nemmeno incidentalmente, critiche sulla coerenza costituzionale dell’art. 42, comma 1, della legge 352/70.
 
La Corte Costituzionale, inoltre, ha già spiegato come la locuzione di cui all’art. 132 circa il coinvolgimento nell’iter di modifica dei perimetri regionali delle “popolazioni interessate” deve scontare un “possibile poliformismo” (cfr sentenza n. 278/2011), che ha giustificato le diversificate procedure fissate dal legislatore di cui alla legge 352/70, attuatrici delle previsioni costituzionali per i variegati casi astrattamente ipotizzati dal menzionato art. 132 della Carta fondamentale (fusione di Regioni, distacco di territori da Regioni con la creazione di nuove Regioni, aggregazioni a regioni esistenti di territori precedentemente assegnati a altre circoscrizioni regionali).
D’altronde, se si immaginassero (de iure condendo …) procedure ancor più gravose di quelle descritte dall’art. 42 della Legge 352/70 o comportanti sostanziali “veti” di una parte di territorio persino su iniziative da discutere, ciò contrasterebbe con un altro insegnamento della Corte Costituzionale, la quale, con la pronuncia n. 334/2004, ha già invece con forza difeso “le determinazioni iniziali (neppure giunte al di là dello stadio di semplici richieste) di collettività che intendano rendersi autonome o modificare la propria appartenenza regionale”.
 
Vero è che la Consulta ha specificato che “l’esito positivo del referendum, avente carattere meramente consultivo, sicuramente non vincola il legislatore statale alla cui discrezionalità compete di determinare l’effetto di distacco-aggregazione; e siccome nel procedimento di approvazione della legge della Repubblica la norma costituzionale citata inserisce la fase dell’audizione dei consigli delle Regioni coinvolte, proprio questa fase consente l’emersione e la valutazione degli interessi locali contrapposti” (cfr sentenza 334/2004, cit.).
E qui – lo ribadiamo – sta la sfida che il Comitato vuole affrontare: dimostrare e convincere, nel dialogo con tutti – come hanno giustamente sottolineato durante il convegno molti Sindaci, a partire dal primo cittadino di Vicenza - che non la conservazione, ma una innovazione istituzionale che ricostruisca un governo unitario della nostra area sarà motivo non di contrapposizione, bensì di vantaggio per tutti.

Sui vincoli internazionali.
L’on. Bressa avvisa che non si possono svolgere referendum sui trattati internazionali. Non entriamo nel merito costituzionale del rapporto fra i limiti referendari sulle leggi ordinarie di cui all’art. 75 e i ben diversi referendum di cui all’art. 132, perché, in realtà, nella proposta di Macroregione non si intende affatto modificare l’Accordo De Gasperi Gruber, qualora ancora possa ritenersi vigente.
Infatti, il contenuto di tale Accordo (che si riporta in calce) intende garantire non già un determinato (e blindato) assetto costituzionale e istituzionale italiano, ma solo che, qualsiasi siano le forme organizzative preferite, venga comunque assicurata una specifica autonomia legislativa e amministrativa per l’Alto Adige e per i (pochissimi) “vicini” comuni trentini in cui esiste una minoranza di lingua tedesca.
 
Dunque, anche in una prospettiva di macroregione, NULLA impedisce che la legge costituzionale istitutiva disciplini zone con specifiche forme di autonomia, ottemperando a eventuali vincoli internazionali.
D’altronde non è forse proprio questa la attuale struttura dell’art. 116 della Costituzione, che, al primo comma, prevede il Trentino Alto Adige come regione a statuto speciale, contemporaneamente affermando al comma 2 che all’interno di tale regione vi é una ulteriore autonomia per le province?
 
Chi in questi giorni sta cercando vari modi per alimentare polemiche lontane dal cuore del progetto va egualmente ringraziato, non solo perché ogni approfondimento è sempre utilissimo, ma anche perché fornisce una immediata prova di come questo percorso possa davvero diventare una leva straordinaria per incrinare quell’immobilismo che – come denuncia lo stesso Bressa – da decenni caratterizza le Autonomie territoriali.
Inoltre, in questi casi diventa sempre più attuale l’emozione splendidamente descritta dal Presidente Ivone Cacciavillani nella stampa di questi giorni: “Ad affascinarmi è il fatto che si muovono non i politicanti o i partiti, ma i Consigli Comunali”!
Nessuno ha il diritto, pertanto, di impedire che i nostri Comuni chiedano, secundum legem, che la popolazione sia ascoltata!


 
Ufficio stampa Comitato Macroregione Triveneta


ALLEGATO
  • 1. Agli abitanti di lingua tedesca della Provincia di Bolzano e quelli dei vicini comuni bilingui della Provincia di Trento saranno garantite una completa uguaglianza di diritti rispetto agli abitanti di lingua italiana, nel quadro delle disposizioni speciali destinate a salvaguardare il carattere etnico e lo sviluppo culturale ed economico del gruppo di lingua tedesca. In conformità con le disposizioni legislative già in vigore o in procinto d'esserlo agli abitanti di lingua tedesca sarà specialmente concesso:
    • 1. l'insegnamento primario e secondario nella loro lingua materna;
    • 2. la parità delle lingue italiana e tedesca negli uffici pubblici e nei documenti ufficiali, nonché nelle denominazione topografica bilingue;
    • 3. il diritto di ristabilire i cognomi tedeschi che sono stati italianizzati nel corso degli ultimi anni;
    • 4. l'uguaglianza di diritti per ciò che concerne l'ammissione nelle pubbliche amministrazioni con lo scopo di raggiungere nell'impiego una proporzione più adeguata tra i due gruppi etnici.
  • 2. È concesso alle popolazioni delle zone sopramenzionate l'esercizio di un potere legislativo ed esecutivo regionale autonomo, nel quadro del quale queste disposizioni saranno applicate consultando anche gli elementi locali rappresentativi d verrà stabilito consultando anche gli elementi locali rappresentativi di lingua tedesca.
  • 3. Il governo italiano, con lo scopo di stabilire delle relazioni di buon vicinato tra l'Austria e l'Italia, s'impiegherà, in consultazione con il governo austriaco, e entro un anno a partire dalla firma del presente trattato:
    • 1. a rivedere, con spirito di equità e con ampia comprensione, la questione delle opzioni di cittadinanza avvenute in seguito agli accordi Hitler-Mussolini del 1939;
    • 2. a trovare un accordo di mutuo riconoscimento della validità di alcuni titoli di studio e diplomi universitari;
    • 3. a stabilire una convenzione per la libera circolazione delle persone e dei beni tra il Tirolo del Nord e il Tirolo orientale, sia su ferrovia sia, nella misura più ampia possibile, per strada;
    • 4. a concludere degli accordi speciali destinati a facilitare l'espansione del traffico scambi frontaliero e degli scambi locali di determinate quantità di prodotti e merci caratteristiche tra l'Austria e l'Italia.
Firmato da Gruber e De Gasperi
5 settembre 1946.
 

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